L’INFINITO DIBATTITO SUL LUPO IN PIEMONTE

Affrontiamo il problema in modo oggettivo

 
L’ignoranza di Claudio Sacchetto, l’Assessore all’Agricoltura, Foreste, Caccia e Pesca della Regione Piemonte, in materia di lupi è veramente infinita. In data 8 luglio 2011 l’Assessore leghista ha pubblicato sul suo blog un articolo in cui, facendosi portavoce di alcuni allevatori monticanti, affermava che si sarebbe occupato di chiedere al Ministero di autorizzare la Regione Piemonte ad abbattere i lupi per preservare, a suo dire, l’”ecosistema” minacciato dalla predazione di animali domestici (bisognerebbe spiegare all’Assessore che gli animali d’allevamento NON fanno parte dell’ecosistema). Prima di commentare la posizione di Sacchetto è d’obbligo un’introduzione sulla situazione del lupo in Regione Piemonte e sulle misure adottate per la difesa del bestiame dagli attacchi lupini.

La Regione Piemonte è la più avanzata per quanto riguarda il monitoraggio della presenza dei lupi sul territorio grazie al “Progetto lupo Regione Piemonte”. Il progetto riunisce e si serve di vari enti sul territorio (i parchi naturali, l’Università di Medicina Veterinaria, i corpi delle Guardie Forestali etc.) al fine di monitorare il più precisamente e scientificamente possibile la distribuzione dei lupi sul territorio, le aree di maggior concentrazione e di dispersione, la dimensione e le dinamiche della popolazione lupina, il numero di branchi e la loro localizzazione, lo stato genetico del lupo e l’interferenza del lupo nelle attività zootecniche. La nascita di questo progetto si è resa necessaria quando nel 1999 il lupo ha cominciato naturalmente a ripopolare l’arco alpino per il fenomeno chiamato “dispersione”, cioè lo spostamento di lupi solitari alla ricerca di territori adatti alle necessità per la sopravvivenza della specie. L’arco alpino si è dimostrato un habitat ottimale per il lupo, che vi si è insediato e riprodotto con successo.

Gli allevatori, tuttavia, erano totalmente impreparati ad affrontare i pericoli generati dal ritorno del lupo. Infatti, la presenza di questo grande carnivoro sul territorio piemontese era stata scongiurata un secolo prima, cacciato ed estinto dagli allevatori di allora; da cent’anni a questa parte l’allevamento sui monti del Piemonte si è sviluppato senza che venissero tenute in conto eventuali predazioni da parte dei grandi carnivori. Non si sono dunque sviluppate tecniche di difesa degli allevamenti e le greggi pascolano incustodite. Il lupo non ha fatto altro che riprendersi i suoi territori, il suo ecosistema naturale: è l’uomo adesso che deve adattarsi alla nuova situazione imparando a condividere il territorio di pascolo con il lupo.

Per facilitare la coesistenza allevatore-lupo, un team di veterinari è stato messo a disposizione dei pastori al fine di spiegare loro tutte le misure precauzionali da adottare per evitare l’attacco da parte dei lupi o evitarne almeno le peggiori conseguenze. Per gli allevatori virtuosi (cioè coloro che hanno attuato nel modo corretto le misure di precauzione) è previsto un premio in denaro e inoltre i loro capi di bestiame non vengono uccisi, se non molto raramente, dai lupi (prova che i sistemi di precauzione sono efficaci). Di due allevamenti, situati nella stessa zona, quello che applica le procedure precauzionali ha una perdita media annua di circa 2 capi di bestiame, mentre il secondo, che si rifiuta di adottare le giuste misure di sicurezza, registra una perdita media annua di 21 capi.

I sistemi di precauzione consistono in:

• cani da guardiania di razza pastore maremmano abruzzese, dati in dotazione dalla Regione Piemonte
• installazione di recinzioni elettrificate per delimitare l’area di pascolo del bestiame
• pascolo custodito dai pastori.
I veterinari preposti si occupano di verificare le segnalazioni degli allevatori accertando che l’attacco sia stato effettivamente da parte di lupi; hanno anche il compito di prestare primo soccorso agli animali ancora in vita. La verifica consta di una necroscopia sui capi di bestiame trovati morti per accertarne le cause del decesso e di un’ispezione del luogo di ritrovamento della carcassa per comprendere le modalità di attacco. Se effettivamente il danno è stato recato da lupi (ma anche da cani vaganti), gli allevatori hanno diritto a un rimborso offerto dall’apposito fondo regionale per ogni animale predato più un forfait per danni indiretti (aborti, morti dovute a cadute degli animali durante la fuga, etc.).

Grazie alle misure precauzionali gli attacchi dei branchi di lupi sono in calo o almeno il loro successo è sempre più scarso.

Ovviamente, purtroppo, non mancano gli irriducibili allevatori coi paraocchi che portano avanti l’idea che i lupi siano un pericoloso male e non intendono attuare le procedure precauzionali; si ostinano a voler eliminare il lupo e non la loro bigotta mentalità. Gli unici pastori che si lamentano sono coloro che, non avendo preso le necessarie misure di sicurezza per il bestiame e rifiutandosi di mantenere le greggi custodite nel periodo di alpeggio (troppo lavoro?), continuano a vedersi il bestiame decimato; per fortuna rappresentano la minoranza.
 
Ora veniamo all’articolo in questione (consultabile fra i comunicati dell’Assessore al link http://claudiosacchetto.com/current.htm). Chi spiega al caro Assessore che a mettere in pericolo l’ecosistema non sono i lupi, che anzi ne fanno parte e sono fondamentali per il suo equilibrio biologico, ma i pastori che li avvelenano sempre più spesso? E dovrebbe anche essere informato circa le procedure di raccolta dati: non sono associazioni animaliste che se ne occupano, ma enti che hanno lo scopo di fornire dati oggettivi e scientifici sulla reale situazione del lupo sul territorio e sulla incisività sull’economia montana. Dai dati si deduce che se tutti i pastori osservassero le norme precauzionali il rischio di perdite di bestiame sarebbero quasi nulle! Certa gente dovrebbe informarsi prima di fare dell’inutile demagogia.
Il lupo caccia per mangiare dunque si nutre integralmente o in gran parte della carcassa dell’animale cacciato, contrariamente a quanto affermato dal sig. Sacchetto. Si aggiunge da ultimo che gli animali da allevamento non fanno parte dell’ecosistema e della natura che tanto l’Assessore vorrebbe “difendere”: il bestiame domestico è incapace di difendersi dagli attacchi dei lupi poiché la selezione artificiale ha cancellato, soprattutto nei caprini, tutte le peculiarità che avrebbero permesso loro di fuggire un attacco da parte di un carnivoro e dunque spetta all’uomo adottare le misure per difendere il suo bestiame!

Queste sciocchezze convincono sempre più gli allevatori, che si ribellano alla presenza del lupo sconfinando nell’illegalità con atti di bracconaggio (caccia o avvelenamento) che minano seriamente agli insediamenti lupini sul territorio. La Valle Pesio e Bardonecchia sono possibili luoghi di “sink”, cioè luoghi particolarmente adatti alla specie ma nei quali c’è alta mortalità e che per questo sarebbero potenzialmente la tomba del lupo piemontese: in Valle Pesio le morti avvengono soprattutto per avvelenamento mentre a Bardonecchia sono le strade e le ferrovie ad essere prima causa di morte (mancanza di infrastrutture per la protezione degli animali e degli automobilisti lungo i tratti stradali che oltre a recare morte agli animali provoca incidenti e seri rischi per l’uomo).