8 giugno 2011 giornata nazionale degli Oceani

Tratto da: http://www.WWF.IT

In occasione della Giornata mondiale degli Oceani, mentre nel Golfo del Messico si sta consumando uno dei più pesanti disastri ambientali mai subiti dal “pianeta blu”, il WWF punta il dito su un altro flagello che sta impoverendo drasticamente gli ecosistemi oceanici. In tutto il mondo, infatti, i governi stanno fallendo nel gestire le acque oceaniche e regolamentarne la pesca, ormai eccessiva e distruttiva, e questo saccheggio dell’ultima grande “frontiera” ecosistemica del pianeta avrà serie conseguenze sulla disponibilità alimentare per la vita di milioni di persone.

Le aree di “alto mare”, ovvero quelle al di fuori delle giurisdizioni nazionali, occupano oltre i due terzi degli oceani mondiali e anche la loro ricchissima biodiversità, come quella delle acque nazionali, è fortemente minacciata. Circa il 65% degli stock di pesce di alto mare è sovrasfruttato; inoltre la pesca a strascico in acque oceaniche distrugge delle barriere coralline poco note, quelle di profondità, i cui fragili coralli d’acqua fredda e buia, ricoprono i cosidetti “sea mountains”, i monti sottomarini, alture sul fondo oceanico.

In molti casi, la pesca legale in alto mare non segue le indicazioni della comunità scientifica mentre i pescatori illegali saccheggiano impunemente, strappando al mare un bottino pari a 1,2 miliardi di dollari ogni anno. Oltre a questo, i sussidi dei Governi sono un flagello che incoraggia flotte di pescherecci sempre più grandi a inseguire pesci sempre meno numerosi, sostenendo una flotta globale “gonfiata”, almeno del 50-60% più grande di quanto dovrebbe essere.

“E’ giunta l’ora che le acque internazionali, d’alto mare ricevano una maggiore attenzione da parte di tutti i paesi, non solo quelli rivieraschi – ha detto Marco Costantini, responsabile Mare del WWF Italia – Come prima cosa, si deve contrastare la pesca illegale, grazie anche alla ratificazione dell’Agreement on Port State Measures. Poi ci si deve impegnare per impedire la circolazione di navi oceaniche “carretta”, alcune delle quali atte al trasporto del petrolio: la Exxon Valdez, petroliera che nel 1989 si infranse su uno scoglio dell’Alaska, circola ancora oggi dopo più di venti anni, e solo da pochi anni non trasporta più petrolio. È infine necessario, per quanto riguarda le attività estrattive, mettere in campo valutazioni di rischio che includano la previsione e la quantificazione dell’enorme danno ecologico, sociale ed ambientale in caso di disastri come quello attualmente in corso nel Golfo del Messico, che avrà conseguenze sugli ecosistemi marini e costieri per almeno 50 anni”.

Per il WWF il disastro della Lousiana ci ricorda ancora una volta di quanto sia urgente e necessario cercare di uscire rapidamente dalla dipendenza dai combustibili fossili, la cui combustione è la principale causa dei cambiamenti climatici. Oggi non ha senso investire per cercare nuovi giacimenti di petrolio, occorre investire per uscirne il prima possibile. 50 anni di ecosistemi compromessi e deteriorati valgono senz’altro una maggiore spinta verso le energie rinnovabili.

Risorse marine ben gestite sono vitali per il futuro di milioni di persone in tutto il mondo. Il “Green Economy Report” dell’UE, presentato a New York il mese scorso, stima che in tutto il mondo ci siano 35 milioni di pescatori su 20 milioni di imbarcazioni. Circa 170 milioni di posti di lavoro dipendono direttamente o indirettamente da questo settore, mentre la rete economica collegata alla pesca raggiunge le 520 milioni di persone. Nonostante l’immenso valore del nostro “pianeta blu”, meno dell’1% degli oceani del mondo è formalmente protetto, contro quasi il 14% delle terre emerse protette.

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Apertura nuovo Bennet a Carmagnola

Quando durante uno dei 3 incontri all’Americana tra i candidati Sindaco tenutosi presso l’ASCOM (Associazione Commercianti) mi chiesero un parere sull’apertura del nuovo centro commerciale targato Bennet risposi, tra le varie motivazioni che mi vedevano contrario: “il contratto di lavoro a tempo determinato che offrono i grandi ipermercati e’ quasi sempre sconveniente per i dipendenti rispetto un contratto presso un esercente di vicinato”.
Ovviamente la mia affermazione cadde nel vuoto, anzi, uno degli imprenditori coinvolti nell’operazione mi assicuro’ che almeno il 70% degli assunti sarebbe stato di Carmagnola, risposi che le ricerche di personale ed i contratti della grande distribuzione sono affidati a società di servizi interinali, i quali assumono su scala provinciale, pertanto era impossibile a priori definire un bacino di assunzioni a livello locale. Chiesi come pensavano di realizza una affermazione così azzardata, mi dissero: “non lo sappiamo ma lo faremo”.

Fermo restando che chiunque abbia messo piede in un ipermercato la domenica pomeriggio desidererebbe un futuro diverso per le generazioni a venire: parchi, centri polivalenti, strutture sportive o parchi sono soluzioni di intrattenimento, non un centro commerciale dove mandare i giovani a scuola di consumismo.

Purtroppo il progetto e’ approvato, l’ennesimo regalo della Giunta Surra che sicuramente lo ha approvato per il bene della Cittadinanza con la consueta omertà di un’opposizione compiacente, a seguire e’ riportato un articolo tratto dal Fatto Quotidiano del 7/6/2011 che ci racconta le fantastiche prospettive di lavoro presso l’Auchan di Roma, a cui si devono essere ispirati i nostri lungimiranti rappresentanti.

Auchan, una domenica nel nulla per una mancia da 18 euro
Nel più antico ipermercato romano dipendenti in rivolta per il lavoro festivo Immaginate un fortino: un avamposto con le mura e gli spalti, che presidia il confine fra la città e la periferia, dove le strade non hanno nome e i palazzi sono sempre in costruzione. Quelli della vigilanza ti raccontano: “Quando apriamo le saracinesche, la mattina, sono già lì, in fila, soprattutto gli anziani”. Immaginate che dentro il tempio il clima è temperato in ogni stagione, che si entra con la macchina e non si paga pedaggio, e che ogni settimana ci sono nuove offerte. Infatti, anche se non c’è un Vangelo, c’è “Il Volantone”. Il volantone delle offerte. Ecco, se avete smesso di immaginare siete già arrivati alle porte del più antico Auchan d’Italia: Casal Bertone. Quello dove sabato scorso i dipendenti hanno scioperato, e dove i clienti (non tutti, per fortuna) hanno protestato: “Dovete lavorare, non potete chiuderci il supermercato”.

Per capire questa nuova variante della guerra fra poveri, dovete prima capire la scintilla che ha innescato la protesta: la richiesta dell’azienda che vorrebbe da tutti i dipendenti lo straordinario domenicale obbligatorio. Se volete capire il motivo della rabbia di questi lavoratori, quasi tutti giovani (o giovanissimi) partite dai loro stipendi: i “veterani” che lavorano a tempo pieno fin dall’apertura (13 anni fa) guadagnano fra 1.100 e 1.200 euro. I part time lavorano 16 ore a settimana, e raggiungono i 400 euro. La direzione del supermercato paga il lavoro domenicale 2.70 in più netti l’ora. Lavorare la domenica consente di guadagnare circa 18 euro in più. Vale la pena? Per molti sì. Per tanti no. Un tempo i rapporti con la direzione erano buoni, sembrava che i clienti fossero tutti felici di comprare. Adesso, Paolo (ma il nome è di fantasia) dice che “tutti sono diventati più feroci”. Anche la gente è cambiata, dicono. Anna, reparto elettrodomestici, non ha scioperato: “Semplice. Io le domeniche le devo fare tutte. Sono part time”.

Perché dentro il tempio lavorano quasi trecento persone. Ma la babele dei contratti è grande. Alle casse, per esempio non ha scioperato nessuno: “Nemmeno lo sapevo!”, dice una ragazza. Ai reparti, invece, in tanti: “Ti credo – spiega uno di loro, anonimo – la direzione ha messo delle persone a fare gli straordinari dai giorni prima, per prevenire l’effetto sciopero. E poi ha fatto sparire i nostri volantini, quelli in cui spiegavamo ai clienti le nostre proteste. Altri li ha strappati dalla bacheca”. Anche allo scaricamento hanno scioperato in pochi. I settori più duri sono presidiati dai part time. Al reparto pesca attaccano alle cinque. E qui c’è Mirko, un altro che ha lavorato: “Ho una fortuna: un caporeparto buono. Se chiedo una domenica di riposo, ogni tanto, me la dà. Ma che mi serve? Anche la mia ragazza lavora!”.

Un tempo c’erano i sindacati, tutti. Ora quelli confederali si sono quasi estinti. “Ti credo – spiega uno dei ragazzi della vendita – hanno firmato tutto, e se scioperiamo ci criticano!”. Il sindacato che ha organizzato lo sciopero è il Flaica Cub: “Abbiamo dovuto mobilitarci – spiega uno di loro – perché ora la direzione vorrebbe uniformare tutti i contratti in questo modo: si lavora tutte le domeniche, senza straordinario, come un normale giorno di lavoro”. Un altro ragazzo del reparto elettrodomestici: “Non ho scioperato, ma son solidale con chi lo ha fatto. A me le domeniche le hanno imposte con un trucco…”. Cioè? “Ero part time, e mi dissero: ‘Se vuoi il tempo pieno devi fare tre domeniche’. Così ho un contratto ad personam. Le devo fare comunque”. Il Volantino, a Auchan è molto più che un depliant, un testo sacro. Esce ogni settimana ed orienta il fiume dei clienti verso prodotti e settori del supermercato: “Adesso – spiega un’altra ragazza delle vendite – ci sono clienti che comprano solo le offerte. Ti faccio vedere: questa settimana pesce spada a 19.90 e albicocche a 1.99 euro al Kg? Ecco, loro comprano e mettono nel surgelatore, in attesa di tempi migliori”.

In realtà ti spiegano, gli slalomisti che comprano sempre l’offerta stracciata, e accumulano come formichine, sono una minoranza di massa. Quelli che contano di più sono coloro che gettano l’occhio anche intorno all’esca. Ma il paradosso è questo: i fedeli della domenica spendono molto di più di quello che guadagnano i commessi per tenere aperto il tempio. E i ragazzi dei reparti hanno uno sconto avaro: il 5%. Qui, nel fortino che presidia la periferia, nel tempio climatizzato del consumo, la guerra dei poveri è in questa doppia immagine. I clienti che la domenica si incolonnano davanti al garage indispettiti e quando vedono che il cancello è chiuso suonano il clacson per la rabbia. E i ragazzi che lavorano nel supermercato. Ma che per far quadrare i conti ti raccontano: “Il grosso della spesa la faccio al discount. Altrimenti con mille euro due figli come li sfamo?”. Recita il verbo del volantone: “Auchan, tutta la passione che meriti”.

di Luca Telese e Paola Zanca

da Il Fatto Quotidiano di martedì 7 giugno 2011